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Disperazione
tranquilla. Crisi di identità e devianza giovanile
(apparso su "Presenza Sociale", 1989)
di Paolo Dell'Aquila
La società attuale, variamente denominata
(post-moderna, post-industriale) sembra essere caratterizzata da un radicale
mutamento dell'uomo. Dopo l'epoca d'oro del l'homo faber, che era capace di sottomettere la natura e
sfruttare il suo simile per esigenze funzionali, è nata una soggettività senza
centro, perennemente errante. La società post-moderna vede l'emergere dell'uomo
senza dimora, incapace di trovare identificazioni stabili, punti di riferimento
certi. Lo star-fuori, l'ex-sistere, lo "spaesamento" che Heidegger
ha magistralmente descritto ne La lettera
sull'"umanismo" è la condizione esistenziale tipica del nostro
tempo.
Il non sentirsi a casa propria, la ricerca
di qualcosa di irragiungibile,
risponde ad una dinamica sociale caratterizzata dall'instabilità. La mancanza
di un ambito di identificazione primario, e la
frammentazione del reale impongono ad ognuno di vagare attraverso diversi
"mondi sociali", ristrutturando continuamente il suo progetto di
vita. La sociologia fenomenologica ha chiaramente
descritto la radicale apertura al nuovo, la mancanza di una dimora stabile e
rassicurante (il tedesco Heimat o l'inglese Home),
come dimostra Sciolla in L'identità (Rosemberg & Sellier).
La vita si trasforma quindi in una serie
incessante di esperienze reversibili, ove le identità
che vengono via via assunte sono sempre trascese,
superate. Il sé diviene un vissuto-differenza,
coinvolto in una continua oscillazione tra le oggettivazioni concrete che
assume e la radicale apertura che tuttavia mantiene. Come nota Crespi (Esistenza
e simbolico, Feltrinelli), la soggettività è in
continua tensione tra le maschere sociali che indossa di volta in volta e la
capacità di negarle, aprendosi a nuovi orizzonti. Il sociale diventa un teatro,
ove ognuno recita personaggi diversi a seconda del
momento storico o dell'auditorio che si trova di fronte.
Ne consegue che l'individuo si muta in un sé
narcisista, volto alla ricerca ininterrotta di un'identità inesistente e capace
di manipolare gli altri per confermare il suo senso di onnipotenza.
Come ha scritto Lipovetsky, l'uomo senza dimora è
contemporaneamente un freddo calcolatore che sa imporre il suo look ed
un fragile guscio alla caccia delle gratificazioni altrui. La condizione
antropologica della società post-moderna si caratterizza quindi per un senso
diffuso di disperazione tranquilla, dovuto alla dinamica
continua di identificazioni cangianti che coinvolge l'attore sociale.
L'identità diviene una "prova",
una sperimentazione che si rinnova ogni giorno. Faccioli
e Quargnolo, in Prove di identità
(Angeli), dimostrano che questo fenomeno tocca maggiormente i giovani, a causa
della loro maggiore "inconsistenza di status", ovvero della mancanza
di un definito ruolo sociale. Proprio questa instabilità
di fondo rende facile il passaggio dalla normalità alla devianza.
In una società senza certezze, tutto, anche
la droga, diviene un'esperienza da fare. Non è possibile trovare delle cause
sociali della tossicodipendenza poiché questa è un'esperienza che (dato un
mercato diffuso) tutti possono fare. La droga è un tentativo di raggiungere
un'identità, di trovare un senso alla tragicità di
un'esistenza mutevole, oscillante. All'interno del progetto di vita, quindi, la
tossicodipendenza può diventare un tentativo come un altro di trovare un sé
reale, una soluzione al vuoto interiore.
La diffusione di questo male sociale è
avvenuta infatti a partire dagli anni Ottanta, quando
si è verificato il mutamento antropologico che ha dato origine alla società
post-moderna. In Emilia Romagna nel 1982 si stimava una presenza reale di
17000-22000 tossicodipendenti, con un'incidenza sulla popolazione residente di
49,5 tossicodipendenti ogni 1000 abitanti. Inoltre i tassi relativi
alle persone arrestate (0,275 per 1000 ab.), segnalate (0,193 per 1000
ab.) e utenti dei presidi pubblici (2,100 per 1000 ab.) superavano
abbondantemente la media nazionale, dimostrando il radicamento di questo tipo
di fenomeni devianti. Questa situazione, analizzata in Senza solidarietà
sociale (Morcelliana), dimostra la diffusione
all'interno dell'universo giovanile di una forma di
"solipsismo sociale" che può portare alla droga come spingere al
suicidio.
Da qui emerge il bisogno di reti di
solidarietà primaria e secondaria che ridiano alla persona un ambito di identificazione e di progettualità.
I gruppi amicali, di vicinato, di mutuo aiuto, così come l'area del privato
sociale e del volontariato, possono condurre l'uomo a trovare una comunità
sociale che assicuri valori e certezze stabili. Il bisogno di un mondo vitale,
di significati condivisi, può essere soddisfatto solo a partire da queste
formazioni sociali che, scaturendo dalla quotidianità attiva, forniscono un senso alla vita dell'uomo.
Ma il desiderio di verità che sembra
espresso nell'uomo senza dimora probabilmente non si
placa soltanto nell'accettazione di valori e norme comuni. Il narcisismo è un
segno di un'attesa dell'Incommensurabile e di un anelito alla felicità. Uscire
dall'autoreferenzialità, dal solipsisimo
sociale è anche aprirsi all'interrogativo ultimo della vita. Come scriveva Novalis, "nulla è per lo spirito più raggiungibile che l'infinito".