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L'ordine pubblico nella società complessa

(apparso su "Presenza Sociale", 1991)

 di Paolo Dell'Aquila

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Le società complesse sono caratterizzate da una diffusa de-normativizzazione, ovvero dalla perdita di valori e norme sociali cogenti, capaci di dare una direzione all'evoluzione sociale.

Lo sviluppo differenziato di più sottosistemi (in particolare del politico-amministrativo e dell'economico) ha spesso consentito un adattamento sistemico più efficiente, ma solo al prezzo del mantenimento di zone grigie nei rapporti tra politica ed affari. Del resto, la perdita di un universo comune di valori ha reso superfluo il richiamarsi ad un senso di responsabilità morale da parte dei cittadini.

Di conseguenza la linea di divisione tra normalità e devianza si è sempre più assottigliata nella coscienza comune. Un recente studio del Censis e del Centro Nazionale per la Prevenzione e la Difesa Sociale dimostra infatti l'incredibile capacità combinatoria della mafia (e criminalità organizzata), data dalla sua capacita` di trasformarsi in attività economica professionale. L'abilità di saldare attività legali ed illegali, aggregando consensi attorno a sé è divenuta la caratteristica saliente di questo tipo di organizzazioni.

Il "fatturato" della mafia è infatti di circa ventimila miliardi, tra attività illecite (16.000 miliardi) e introiti (4.000 miliardi) provenienti da operazioni legali o pseudolegali.

Si sono verificati, quindi, aumenti dei furti (nel 1990 il 21% in più rispetto all'anno prima, per un guadagno totale di 3664 miliardi), un incremento delle rapine (nel 1990 il 24% in più rispetto all'anno precedente, con un guadagno complessivo di 531 miliardi), ed un'impennata degli omicidi (raddoppiati in quattro anni). Le organizzazioni criminali hanno ricevuto un gettito di 4.000 miliardi (nell'ultimo anno) grazie al commercio di stupefacenti (fra l'altro i soli eroinomani in Italia sembrano essere 17.0000). Le estorsioni, più difficili da valutare (in quanto scarse sono le denunce) hanno fruttato circa 2.200 miliardi nel 1990 e si sono concentrate nelle quattro regioni del Sud più colpite (Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia).

Gli appalti, che permettono di saldare l'economia "sana" con quella illegale, hanno portato alla mafia circa 3700 miliardi, e sono stati concentrati soprattutto nelle tre regioni a maggiore presenza criminale, ove l'ottenimento degli appalti pubblici da parte di imprese legate alla criminalità si realizza spesso sulla base di un controllo del territorio preesistente.

Da ciò si evince un quadro preoccupante, caratterizzato dal progressivo sconfinamento delle organizzazioni criminali nell'economia legale ed il progressivo venir meno dei confini tra normalità e devianza.