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Come rivalutare il
privato-sociale
(working paper,
1992)
di Paolo Dell'Aquila
Lo snodo fondamentale della crisi dello
Stato sociale sta nel capire che essa è in primo luogo strutturale e dipendente
dal tipo di transazioni patologiche che si sono determinate nel rapporto pubblico-privato. Di fronte alla colonizzazione della
società civile, alla pratica di negoziazione ai confini della devianza che il
sistema aveva inaugurato, si pone con forza la necessità di trovare nuove forme
di transazione tra istituzioni e soggettività, che rivalutino
le solidarietà primarie e secondarie. Occorre, assieme ai correttivi
istituzionali e sistemici, la nascita di una terza dimensione, che faccia da ponte tra pubblico e privato. Essa potrebbe quindi
comprendere tutte le forme di solidarietà primaria (reti familiari, amicali, di
vicinato, di mutuo soccorso) e di solidarietà secondaria (volontariato,
associazioni, cooperative) che già adesso stanno emergendo, in modo talvolta
confuso.
Le politiche sociali dovrebbero tenere conto
di queste realtà, che garantiscono l'impegno diretto dei cittadini, moderando
le aspettative private e controllando il rendiconto
statale verso i cittadini. La terza dimensione, componendosi delle comunità
auto-organizzate di lavoro, delle forme di mutuo aiuto, e delle attività
sociali su base non di profitto, può assicurare una welfare
society (società civile del benessere) formata da
una serie di attori integrati e specializzati a svolgere certe funzioni.
Una welfare
society va costruita a partire dalla famiglia, che deve riacquistare il
ruolo di mediazione tra pubblico e privato, diventando soggetto politico attivo
e riscoprendo anche i suoi aspetti istituzionali, mortificati dalla
frammentazione post-moderna.
Vi sono poi i gruppi di volontariato, che
costituiscono l'unica risposta per quei bisogni post-materialistici e di
servizi personalizzati non erogabili dagli enti pubblici.
Sono quattro le funzioni che il
privato-sociale può svolgere:
1) pionerismo
nell'evidenziare nuovi tipi di bisogni e di erogazioni
dei servizi;
2) di informazione,
consiglio e difesa degli utenti (soprattutto più marginali) dei servizi
sociali;
3) di pressione sociale,
di pubblicità, di richieste di controlli nei confronti degli enti erogatori di servizi;
4) di partecipazione
sociale nell'aiutare e sollecitare il coinvolgimento civico e umano.
Le organizzazioni volontarie si
caratterizzano in quanto nascono autonomamente,
decidono il proprio autogoverno (le proprie attività, la loro struttura interna,
i servizi e le prestazioni da erogare), si autofinanziano
almeno in parte, e non hanno fini di lucro o profitto.
Il pubblico deve lasciare ai gruppi di
privato-sociale la libertà di decidere l'individuazione di bisogni e soggetti,
senza cooptarli nelle sue strutture, né imporre loro conformismo e rigidità
organizzative. I gruppi volontari devono invece sviluppare sistemi di
rendiconto democratici e trasparenti. In tal modo si possono garantire scambi solidaristici basati sulla reciproca compresenza
di tutti gli attori sociali ed un modello di fuoriuscta
dalla crisi del welfare state capace di
responsabilizzare nuovamente i cittadini, valorizzandone l'apporto a partire
dalle dimensioni locali in cui operano ogni giorno.